Sempre più spesso si sottolinea la riduzione dei livelli di estrogeno durante la transizione alla menopausa per quanto riguarda la salute generale del cervello, in special modo della funzione cognitiva, e per quanto concerne il declino cognitivo. Per contrastare questa riduzione sempre più spesso si fa ricorso alla cosiddetta “terapia ormonale”.
Un nuovo studio, apparso su Menopause , suggerisce una finestra più lunga per quanto riguarda il ricorso alla terapia ormonale.

Si sospetta tra l’altro che gli estrogeni possono avere un ruolo nell’aumento del rischio di Alzheimer nelle donne considerando che, per esempio, due terzi di 5,5 milioni di casi di Alzheimer negli Stati Uniti sono rappresentati da donne. Studi precedenti, inoltre, avevano sottolineato il ruolo degli estrogeni per quanto riguarda l’apprendimento e la memoria.

In questo nuovo studio i ricercatori hanno analizzato i dati di 2000 donne in post-menopausa seguite per 12 anni. I risultati mostravano, secondo quanto afferma il comunicato stampa che presenta lo studio, che una maggiore esposizione agli estrogeni poteva essere collegata ad uno stato migliore a livello cognitivo nelle donne adulte.
Inoltre i ricercatori scoprivano che quelle donne che iniziavano la terapia ormonale prima mostravano dei punteggi, nei test cognitivi, più alti rispetto a quelle donne che iniziavano tale terapia più tardi.

Stephanie Faubion, direttrice medica della North American Menopause Society (NAMS), così commenta questi risultati nel comunicato stampa: “Sebbene la valutazione del rapporto rischio-beneficio dell’uso della terapia ormonale sia complicata e debba essere personalizzata, questo studio fornisce ulteriori prove degli effetti cognitivi benefici della terapia ormonale, in particolare quando iniziata subito dopo la menopausa. Questo studio sottolinea anche il potenziale effetto della deprivazione precoce di estrogeni sulla salute cognitiva nel contesto della menopausa prematura o precoce senza un’adeguata sostituzione degli estrogeni”.

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